Capitolo 10: Nero di seppia e blu di metilene

Ci svegliamo con estrema calma, consapevoli che l'unico impegno di oggi è lo spostamento verso nord, per avvicinarci a Christchurch, nostra meta finale. C'è chi ne approfitta per farsi l'ultima doccia calda del viaggio, chi per sfruttare i pochi MB messi a disposizione dalla wifi della reception, poi partiamo.
Il tragitto scorre fra rifornimenti di benzina, sieste, pause pipì, foto casuali a flora e fauna, voli di drone e altre pause pipì, ma fra qualche difficoltà con i fornelli e la nostra distintiva incapacità di calcolare le distanze, arriviamo a destinazione che il sole è ormai calato.
Di per sé sarebbe anche un vantaggio, dal momento che Lake Tekapo, dove ci fermeremo per la notte, fa parte di una Riserva Internazionale di Buio: si tratta di aree di territorio, una decina in tutto il mondo, dove l'inquinamento luminoso è strettamente regolamentato per preservare una visione non edulcorata del firmamento. Quella di Aoraki è l'unica dell'emisfero australe.
Purtroppo, però, il buio gioca brutti scherzi e, nella ricerca di una postazione in cui fermarci, la stanchezza ci porta ad affrontare una strada poco battuta, su cui Franco ha non poche difficoltà a mantenere l'equilibrio. La corsa impazzita si arresta con una ripida discesa di ghiaia alle spalle e un bivio coperto da un pantano di fronte. Consapevoli di essere fondamentalmente in mezzo a un sentiero, decidiamo che nessuno dovrà passarci nel bel mezzo della notte e che è meglio affrontare qualsiasi rischio ulteriore alla luce del sole, con piena cognizione di cosa ci stia venendo incontro.
Proviamo a godere almeno del posto in cui ci troviamo, ma il cielo non è molto terso e siamo un po' sul fondo di una conca, quindi la visibilità è piuttosto scarsa. Nonostante la situazione, il morale, forse per incoscienza, non è basso come potrebbe essere.
La mattina dopo ci rendiamo conto che la scarpata da cui siamo scesi è insormontabile, ma che quella che di notte sembrava una palude è una pozzanghera che ci obbliga a proseguire sì diagonali, ma comunque fattibile, seppur con attenzione.
Dopo un sopralluogo per capire come tornare sull'asfalto e la messa in sicurezza di qualsiasi oggetto vagante, percorriamo centimetro per centimetro la sterrata, ponendo un angelo custode a destra e a sinistra per spostare massi, segnalare buche e principalmente per togliere peso dal veicolo. L'operazione è piuttosto lunga, comprende curve da rally e fuga da alveari infastiditi, ma si conclude con un esultante ritorno in carreggiata.
Ci dirigiamo quindi gioiosi verso quella che credo sia la località più Instagrammabile della nazione.
Lungo le sponde del lago Tekapo sbocciano, in questo periodo dell'anno, cespugli interi di altissimi fiori viola e rosa (che potrebbero avermi causato un entusiasmo un tantino sopra le righe) che incorniciano delle acque di un Blu irreale. Dopo aver visitato la chiesetta con vista, ci dirigiamo al belvedere del Mount John, prontamente ribattezzato Mongiovanni, sul quale sorgono un osservatorio astronomico e un caffè di vetro, per ammirare le vallate e le montagne bianche a 360 gradi. Dopo una seconda fermata tra i fiori, perché a volte i miei compari assecondano le mie reazioni esagerate, partiamo alla volta di Christchurch, e della nostra ultima notte su suolo neozelandese.

Ph: Andrea Roccatagliata

Commenti

Post popolari in questo blog

Capitolo 0: Prologo

Capitolo 8: I giorni dell'aquila

Capitolo 5: La lunga marcia