Capitolo 9: Gruppo Vacanze Lombardia

Il lato positivo di una vacanza autogestita in van è che nessuno ti dice cosa fare.
Il lato negativo di una vacanza autogestita in van è che nessuno ti dice cosa fare.
Un po' sfiancati dai continui e improvvisi cambi di programma, accogliamo con piacere la giornata di oggi, che prevede un tour guidato nel parco nazionale del Fiordland, l'unico sito UNESCO del paese.
L'appuntamento è a cinque minuti a piedi dal nostro campeggio, alle 8 e mezza. Saliamo sul pullman ripieno di cinesi e facciamo conoscenza con il nostro autista e guida, un attempato simpaticone con la voce più soporifera del mondo, che dispensa perle e battute a chi riesce a resistere al suo incantesimo di ipnosi (1/3).
Le valli che attraversiamo sono, ancora una volta, mozzafiato. Il Fiordland è una regione confinata dalle fredde acque del mare di Tasman e dalle Alpi Australi, figlia di innumerevoli ghiacciai che nei millenni ne hanno scolpito le forme. Nonostante il punto più alto del nostro percorso sia a meno di 1000 metri sul livello del mare, abbiamo l'occasione di ammirare picchi innevati e una miriade innumerevole di cascate glaciali, i cui ranghi sono ingrossati dalla pioggia copiosa che, a detta del signor Sonno, colpisce questa zona del paese per più 200 giorni all'anno, rendendola la più bagnata della Nuova Zelanda, che rispetto a Mele vuol dire comunque il deserto del Gobi.
Dopo due ore di saliscendi, crepacci levigati da acque torrenziali e incontri con pappagalli alpini (i Kea, spaventosamente furbi e approfittatori di turisti), arriviamo in vista di Milford Sound, l'unico centro abitato - si fa per dire - del parco, e dunque base operativa di tutte le agenzie turistiche.
Cambiamo mezzo di trasporto e ci imbarchiamo su un piccolo piroscafo che ci porta a fare un giro dei fiordi circostanti, non dissimili da quelli europei, ma non per questo meno stupefacenti. A bordo il comandante e tutto il resto dell'equipaggio (una persona) ci offrono te e caffè solubile, portano la punta dell'imbarcazione direttamente sotto a cascate dai nomi discutibili, dandoci modo di inzupparci fino alle mutande, e ci raccontano come non ci sia da dispiacersi della pioggia, perché colpisce questa zona del paese per più di 200 giorni all'anno!
Ultima tappa è l'osservatorio sottomarino, una struttura galleggiante che permette di scendere dieci metri sott'acqua in una zona dalle caratteristiche particolari.
Lo scienziato che ci accoglie ci spiega infatti che la baia all'imboccatura del fiordo ha acque estremamente fredde, ma molto più calme dell'adiacente mare di Tasman, il che, combinato al fatto che sulla superficie si forma uno strato d'acqua dolce dovuto alle pioggia che, nel caso non lo sapeste, colpisce questa zona del paese per più di 200 giorni all'anno (e a quanto pare ci tengono tutti molto a fartelo sapere), permette di osservare in acque estremamente basse la fauna che di solito si trova negli abissi oscuri del mare aperto. Ammiriamo quindi banchi di corallo nero, spugne e cetrioli di mare, per poi essere riportati al porto e da lì in pullman fino a Te Anau.
Arrivati a destinazione, decido di fare una passeggiata fino al Bird Sanctuary, da solo, perché a quanto pare sono l'unico interessato agli uccelli (quelli con le ali). Qui faccio amicizia con svariati pennuti neozelandesi, fra i quali l'azzurrissimo Tekahe, uno dei tanti non-volatori che si credeva estinto fino a qualche decennio fa.
Mentre torno verso il campeggio e mi godo le luci vespertine, penso già malinconico ai pochi giorni che mi separano dal ritorno in Italia.

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